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giovedì 16 dicembre 2010

Riforma Gelmini testo integrale



Inutile farsi portavoce di una battaglia della quale non si conoscono i confini e gli ideali, ecco finalmente che possiamo leggere quello che prevede il nuovo progetto di Riforma Gelmini sull'Università Italiana, partendo dalla lettura del testo potremo farci un'idea che viene solo dalla nostra mente e dal nostro modo di ragionare, senza dover necessariamente correre dietro al branco o gridare al no seguendo la massa inculcata da abili populisti. Cliccando QUI potrete leggere il testo integrale del ddl Gelmini, (oppure QUI, in formato più chiaro) purtroppo non sono riuscito a trovarlo se non in versione pdf, per cui cliccando si aprirà un file pdf. (inoltre a fine pagina trovate l'aggiornamento a fine dicembre 2010 con quelle che sono le novità in sintesi della nuova legge, ormai definitivamente approvata, infatti manca solo la firma del Presidente della Repubblica e la vacatio legis)Per aiutare molti alla comprensione vi riporto questi che sono i punti chiave della riforma. E' chiaro che la questione è piuttosto complicata e assai tecnica da essere snocciolata così in due righe.  Cliccando QUI puoi vedere le ragioni del NO, QUA invece le ragioni del SI.
ministro gelmini
 Oltre a doversi dotare di norme contro il conflitto di interessi e codici etici, gli atenei italiani si troveranno ben presto a fare i conti con accorpamenti di università limitrofe, diminuzione dei corsi di laurea e sostanziali modifiche circa la composizione del Consiglio di amministrazione di ateneo, lo stato giuridico dei docenti e le abilitazioni per l’insegnamento universitario.
Sono questi i temi principali del nuovo DDL sulla governance dell’università presentato dal Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini al Consigli dei Ministri, che sarà, molto probabilmente, approvato il 22 dicembre 2010 dal Senato, dopo aver ricevuto l'ok da parte di Montecitorio.

Il DDL Gelmini sulla riforma dell’Università:
  • Il Consiglio di amministrazione e le strutture universitarie
    La riforma prevede che i Consigli di amministrazione degli atenei pubblici possano vantare solo una minoranza di membri interni, tra cui figurerà il Rettore; la maggior parte del Consiglio sarà invece composto da membri esterni nominati dal Ministro. Novità in arrivo anche per quel che concerne le strutture universitarie: mentre i Dipartimenti saranno rafforzati, le Facoltà dovranno infatti essere rimpiazzate da “scuole” attivate sul modello statunitense. Oltre alle attività di ricerca, i Dipartimenti dovranno pertanto occuparsi anche della gestione dei corsi di laurea.
  • Lo stato giuridico dei docenti
    La carriera professionale dei docenti universitari seguirà un percorso “unico”, anche se continuerà ad essere divisa nelle tre fasce di Professore ordinario, Professore associato e Ricercatore (o Professore aggregato). Nonostante l’introduzione dell’abilitazione scientifica nazionale, i passaggi per gli avanzamenti di carriera saranno decretati dagli atenei, che elimineranno quasi completamente i concorsi. Sarà inoltre ridotto il numero di conferme necessarie per l’ingresso in ruolo: per esempio, a chi ha ottenuto la conferma come ricercatore basteranno quattro anni di servizio per immettersi direttamente in ruolo.
  • L’ abilitazione scientifica nazionale e la progressione di carriera
    Una commissione di otto docenti ordinari sorteggiati da una lista di 24 “eletti” per ogni disciplina gestirà il concorso per l’abilitazione scientifica nazionale, che potrà essere ottenuta annualmente per concorso. I settori scientifici minori saranno accorpati per poter prevedere almeno 50 ordinari per ogni raggruppamento. Un docente straniero affiancherà gli otto sorteggiati.
    Novità in vista anche per quel che concerne la progressione “salariale” di carriera: lo scatto stipendiale biennale per l’aumento di stipendio potrà essere ottenuto solo previa approvazione della relazione scientifica sulle attività svolte che docenti e ricercatori presenteranno ogni due anni.





Molto si è dibattuto in merito alla Riforma Gelmini, con il Governo che ha parlato di “svolta epocale” e le opposizioni di “disastro omeopatico”; proviamo dunque a fare chiarezza sui principali punti in oggetto.

Norme anti – baroni e Parentopoli: Il divieto di chiamata da parte degli Atenei per docenti fino al quarto grado di parentela con un altro docente universitario della stessa sede accademica è considerato uno dei cavalli di battaglia della lotta anti – parentopoli. Tuttavia, in sede di discussione il testo è stato emendato e la norma si applica ora solo all’interno dello stesso dipartimento o struttura.
Settore ricerca: La Riforma contiene un articolato passaggio nel quale si programmano “interventi volti a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica“. Il nuovo sistema per i ricercatori sarà basato su contratti di 6 anni, al termine dei quali l’Ateneo deciderà se confermare una assunzione a tempo determinato o terminare il rapporto lavorativo. Di opposto parere le opposizioni che parlano di “meccanismo lento e farraginoso” citando l’esempio di Kostya Novoselov, 36 anni e nobel per la fisica che in Italia “non sarebbe ancora un professore”.
Meritocrazia: Il cuore della Riforma prevede norme volte a garantire “trasparenza e meritocrazia nelle assunzioni”, anche attraverso il varo di un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi e la maggiore presenza di membri esterni nei “nuclei di valutazione del merito”. Su questo punto c’è grande scetticismo, dal momento che non è ancora chiaro il modo in cui si intende agire nel concreto (ricordando anche gli ultimi anni di immobilismo).
Fusioni e riorganizzazione interna: Agli Atenei sarà data la possibilità di fondersi o federarsi tra loro, mentre allo stesso tempo non potranno avere più di 12 facoltà e dovranno introdurre membri esterni nel loro Cda. Caustica la risposta di opposizioni e organizzazioni studentesche: miriade di norme, di nessuna efficacia senza dettagliati regolamenti attuativi.


---Aggiornato al 24 Dicembre 2010---

Ecco elencate, punto per punto, le tante novità (positive e negative) della legge.
Professori. I professori ordinari (quelli a tempo pieno) dovranno svolgere attività formativa per almeno 1.500 ore nel corso di un anno solare, di cui almeno 350 dovranno essere dedicate alla didattica. I docenti a tempo determinato, invece, dovranno garantire 750 ore di attività e di queste almeno 250 spese per la didattica. Sarà introdotta anche una valutazione triennale per tutti i professori: se sarà negativa, niente aumento di stipendio. Con il ddl approvato viene abolita la possibilità che il docente universitario si avvalga dei due anni di trattenimento in servizio. Il docente ordinario dovrà andare tassativamente in pensione a 70 anni, mentre il professore associato dovrà andare tassativamente in pensione a 68. In altre parole, viene favorito il turn over.
Ricercatori. Cambia radicalmente la figura dei ricercatori. Finiscono le collocazioni lavorative a tempo determinato: la nuova figura prevede la possibilità di accedere all'insegnamento attraverso due contratti triennali: se nel corso del secondo triennio il ricercatore vince il concorso da docente associato rimarrà in seno all'università; in caso contrario non potrà più continuare l'attività accademica. L'accesso alla docenza non prevede deroghe o sanatorie per i circa 20mila attuali ricercatori a tempo determinato. Il problema è la scarsità e l’incertezza delle risorse disponibili per le carriere future dei giovani ricercatori.
Fusione atenei. La riforma Gelmini poi vuole incentivare la fusione degli atenei più piccoli: il ministero spera così di ridurre le spese e migliorare l'offerta formativa. Ci potranno essere non più di 12 facoltà in ogni università. Cambierà anche qualcosa negli incarichi dei rettori: oggi un rettore può guidare l'ateneo per un massimo di 16 anni, ma la riforma prevede che possona restare in carica per al massimo due mandati da quattro anni ciascuno. Il senato accademico potrà sfiduciare il rettore con il 75% dei voti. C'è poi la possibilità che la Università si trasformino in fondazioni private: ma, a differenza di quanto detto, non c'è nessuna imposizione, perché si tratta di una scelta libera dell'ateneo, che deve essere approvata dalla maggioranza del senato accademico.
Finanziamenti. Il vero nodo da sciogliere, però, è la questione dei finanziamenti, a causa dei tagli imposti da Tremonti. Senza una giusta copertura economica il modello anglosassone utilizzato come ispiratore per la riforma (per quanto riguarda la nuova figura del ricercatore) rischia di non funzionare affatto. La conseguenza è che quasi tutte le università italiane ora dovranno programmare la propria attività con tagli del 25 per cento e senza alcuna certezza. Di fronte a questo scenario, è evidente che chi dovrà pagare questa riforma saranno soprattutto gli studenti e le loro famiglie.

4 commenti:

  1. Ho letto la riforma universtaria. Ai miei pempi si lottava contro lo strapotere dei "Baroni", ora che c'è un ministro che vuol abolire questo strapotere i giovani lottano contro questo ministro. Ho l'impressione che viè la longamano dei "Baroni" che lottano per conservare il loro strapotere

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  2. Condivido il tuo pensiero. Molto spesso ci si fa portavoce di un'ideale senza nemmeno essere pienamente a conoscenza delle ragioni che sottostanno ad un no verso una riforma, Quale guadagno avrebbe la Gelmini ad essere ricordata come colei che ha 'distrutto' l'Università Italiana? Un riforma urge!

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  3. Dai commenti mi sembra che conosciate poco come funziona l'Università. Questo decreto aumenta moltissimo il potere di pochi. Per esempio controllate come solo gli ordinari nel decreto decidano sul reclutamento................

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  4. Si effettivamente della struttura dell'Università conosco ben poco, però vedo gli sprechi che ci sono per via di una organizzazione accademica, strutturale ed amministrativa che non funzionano, e questo è palese. Forse hai ragione, frequento l'Università da quattro anni, ma c'è scarsissima informazione, anche all'interno dell'univesità, su come funzioni quest'ultima.

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